Lgbt, lotta alle discriminazioni: il progetto “Ready to work” a scuola

Il 25 per cento preferisce nascondere il proprio orientamento per non subire discriminazioni sul lavoro, il 13 per cento vede respinta la propria candidatura e la cifra sale al 45 se si tratta di persone transessuali. Si viene lesi non solo nel diritto inalienabile all’affermazione della propria identità, si subisce non solo nelle manifestazioni d’intolleranza che cominciano spesso con il bullismo tra i banchi di scuola, ma anche nel diritto ad avere un’occupazione. Parte da queste cifre riferite dal report “Lavoro e diritti Lgbt” pubblicato nel 2017 a Torino da Cgil, Cisl e Uil e dal Coordinamento Torino Pride Glbt il progetto “Ready to work” a sostegno delle politiche d’inclusione sociale per le persone Lgbt.

Un piano sovvenzionato dalla Città metropolitana di Napoli a cui hanno già aderito diversi Comuni dell’area. Tra questi, il Comune di Castellammare di Stabia che con la partnership di Antinoo Arcigay Napoli, che porta avanti due obiettivi: sensibilizzare la cittadinanza all’eguaglianza dei diritti sui luoghi del lavoro e  formare i giovani, prima dell’accesso al mercato del lavoro, in tema di diritti del lavoro, in particolare  per la popolazione Lgbt.

Dalla necessità di formare e informare i giovani nasce l’incontro di questa mattina con gli studenti dell’Its Sturzo di Castellammare. Le classi V R, VS, IV S e IV G hanno partecipato alla conferenza organizzata dal docente Domenico De Falco. Ad aprire l’incontro on line con i ragazzi e gli insegnanti la consigliera alle Pari opportunità della Città Metropolitana di Napoli Isabella Bonfiglio che ha portato i saluti del sindaco De Magistris. In rappresentanza del Comune stabiese e del sindaco Cimmino l’assessora alle Politiche sociali Antonella Esposito, da sempre in prima linea per la lotta alle discriminazioni.

Al centro dell’incontro l’intervento-testimonianza di Daniela Lourdes Falanga. Una storia, la sua, che ha catturato l’attenzione dei presenti dando densità alle considerazioni di ordine generale. “Il genere non è un dato biologico ma è determinato da variabili psicofisiche e culturali. In una cultura binaria ogni essere umano riceve una serie di indicazioni fin dalla nascita, a partire dal fiocco rosa e azzurro”. Lei quel grembiulino blu non lo sentiva adatto alla propria identità. “Ma se prendevo un gioco femminile mia madre mi picchiava”. Ha dovuto fare i conti con la violenza, non vedendo riconosciuta l’espressione di sé, la sua vera natura che è fatta “di ragione e fantasia”.  

Tra i ragazzi c’è chi la conosce e la riconosce. Alla sua vita è ispirato il docufilm “Red Shoes – Il figlio del boss” che l’anno scorso è approdato alla Mostra del Cinema di Venezia. Era nata Raffaele, dalla famiglia del boss della camorra di Torre Annunziata. “Ci si aspettava che fossi un maschio, ho dovuto fare i conti con la violenza”. Anche a scuola, con l’emarginazione e il bullismo, ma anche per fortuna con l’intelligenza di una preside illuminata che l’ha aiutata nel suo percorso di affermazione della propria identità. Poi la folgorazione. “Non c’era internet come adesso, e una sera in tv al Maurizio Costanzo Show vidi l’intervista a una donna transgender”.  Ora Daniela è la prima donna transgender presidente dell’Arcigay di Napoli, una vita tra impegno e attivismo per abbattere i muri della discriminazione. C’è ancora molto da fare.  Tra la popolazione Lgbt le persone transgender sono le meno accettate, le più discriminate. Per questo molte, tagliate fuori anche dal mondo della formazione,  finiscono per prostituirsi. A Napoli c’è la seconda comunità mondiale di trans dopo quella di Rio de Janeiro.  “Internet ci ha dato la possibilità di riconoscerci, di creare rete”.

Di identità sessuali ha parlato il segretario politico Arcigay Antonello Sannino. “La Regione Campania si è dotata di una buona legge, ma non bastano le leggi quando si tratta di portato culturale. La scuola per esempio può intervenire in modo strutturato attraverso l’Ufficio scolastico regionale. In modo strutturato perché i processi la cui base è culturale sono lunghi, tutto può essere cancellato da un momento all’altro”.

Per esempio, è ancora molto difficile per molti il coming out. “Il momento più complicato è quello in cui si deve parlare ai propri genitori”. Ma anche al lavoro, come dicono i dati: tanti scelgono di tacere, anche tra gli insegnanti. Se pensiamo che fino a pochi anni fa si riteneva che una persona omosessuale non potesse essere idonea all’insegnamento si capisce il perché. “Bisogna rompere tutti i meccanismi della solitudine”, aiutare a capire che non si è da soli. E ci sono associazioni che offrono supporto psicologico e legale.

La scuola c’è. L’Its Sturzo c’è. “Noi prepariamo i ragazzi al confronto e soprattutto all’ascolto. Solo attraverso la conoscenza sono liberi di scegliere”, è la conclusione della dirigente scolastica Cinzia Toricco.

Quello di oggi è il primo di tre incontri che si concluderanno con la realizzazione, da parte dei ragazzi, di un prodotto multimediale da realizzare con l’aiuto della videomaker Francesca Saccenti.