8 marzo e dintorni / Da Ibsen ad Aleramo, una riflessione sulla condizione della donna

Di Adele Tirelli

Come cambia la condizione femminile dal 1850 ad oggi? Questa la domanda da cui si è partiti.

Da Henrik Ibsen  a Sibilla Aleramo, da Virginia Woolf a Simone de Beauvoir la letteratura ci offre una chiara testimonianza di questo cambiamento, tanto da generare una riflessione sull’identità di genere.

Perché nella storia umana la voce delle donne è così debole al punto che di loro parlano sempre e solo gli uomini?

Nella seconda metà del Novecento il dibattito femminista troverà una voce autorevole in Simone de Beauvoir, che in un libro, Il secondo sesso, svolge una riflessione sull’identità di genere come “costruzione sociale”, non tanto come dato naturale ma come fatto culturale.

“Donne non si nasce, lo si diventa”, ella scrive. Nel solco di questa riflessione si svilupperà il dibattito sul gender che avrà così grande importanza nel secondo Novecento.

In occasione della festa della donna avremmo voluto organizzare una  mostra  fotografica  sulla  condizione  femminile  nel  mondo  di  oggi.  Gli  studenti della classe Vg Turismo erano stati invitati a partecipare con un prodotto o una o più fotografie sul tema, corredate da una breve didascalia illustrativa, da presentare alle classi dell’istituto. L’improvvisa chiusura della scuola, tuttavia, dovuta, come sappiamo, alle recenti disposizioni ministeriali per l’emergenza da COVID-19, hanno costretto a modificare e a ridimensionare il lavoro che si intendeva svolgere. La scelta, pertanto, è caduta su un tema in particolare, quello del ruolo delle scrittrici e della parità di genere in letteratura, ben lungi tuttora dall’essere stata raggiunta. L’attenzione delle ragazze e dei ragazzi si è soffermata sulla figura di Sibilla Aleramo, la prima scrittrice femminista italiana, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario della morte.

L’obiettivo prioritario è stato quello di promuovere la parità di opportunità tra uomini e donne e “la formazione a una cultura della differenza di genere”. 

Com’è noto, porre attenzione allo sviluppo dell’identità di genere e alla rimozione degli stereotipi è un fattore decisivo nell’ambito dell’educazione complessiva dei soggetti in formazione con l’introduzione di metodologie e contenuti volti alla diffusione di una cultura attenta alle identità di genere, alla rimozione degli stereotipi sessisti e a fissare la cultura del rispetto (cfr. Cost., art.3; Progetto Polite (Pari opportunità nei libri di testo);  l.107 (comma 16, art. 1).

Durante il percorso svolto, gli allievi hanno attivato e messo in azione varie competenze quali la comunicazione nella madrelingua, le competenze digitali, imparare ad imparare, le competenze sociali e civiche, la consapevolezza ed espressione culturale, comunicare in maniera efficace e contestualizzare fenomeni sociali e di costume. Hanno mostrato di possedere una certa efficienza organizzativa. Sono stati, inoltre, in grado di gestire e risolvere problemi imprevisti, di portare a termine  i compiti assegnati, di interagire nel gruppo di lavoro superando divergenze ed incomprensioni.

Il prodotto finale è un poster realizzato con Canva, un programma di grafica, un tool di design online che, per flessibilità e facilità di utilizzo, ha consentito agli studenti di creare e personalizzare il loro progetto.

                                                                                                                                  Adele Tirelli

La scrittura e le donne

Nel canone del Novecento italiano le scrittrici sono poche.

L’ultimo tentativo (è del 1996) di delineare il canone del secolo – quello di Asor Rosa nelle Opere della Letteratura italiana Einaudi – sceglie, a caratterizzare il secolo, quarantasette opere, di cui cinque soltanto sono di donne. Si potrebbe discutere la scelta di Asor Rosa. Le cinque opere sono: Una donna  (1906) di Sibilla Aleramo (1876-1960), Cortile a Cleopatra (1966) di Fausta Cialente (1898-1994), Nessuno torna indietro (1938) di Alba de Céspedes (1911-1997), L’isola di Arturo (1957) di Elsa Morante (1912-1985) e Lessico famigliare (1963) di Natalia Ginzburg (1916-1991).

Come si vede si tratta solo di narratrici; neppure una poetessa. Certo è che il numero delle scrittrici entrate nel canone è comunque ridotto, sia confrontato a quello dei colleghi maschi, sia confrontato ad altre letterature (in Inghilterra, Germania, Francia, per esempio, il numero delle scrittrici entrate nel canone è più alto che in Italia). Perché?

Si possono fare ipotesi diverse. Una è che il canone è determinato da istituzioni in cui il potere è maschile. Dominando nella società e nelle università i maschi, con il loro gusto e i loro valori, le donne vi sono ammesse a stento e in numero scarso. Oppure si può ritenere che la scrittura letteraria stessa si è formata secondo valori, regole e istituti prevalentemente maschili che hanno improntato con il loro segno i modi stessi di fare letteratura.

Si pensi che nel Cinquecento Gaspara Stampa per esprimere i propri sentimenti di donna è costretta a riprendere temi e procedure stilistiche del poeta (maschio) che ha determinato il canone lirico, e cioè Petrarca. E quest’ultima considerazione potrebbe spiegare perché in Italia, dove il peso della tradizione e del canone istituzionalizzato è più forte che in altri paesi europei, il numero delle donne

scrittrici penetrato nel canone sia più basso che in altri paesi europei.

Una donna

Una donna è il primo romanzo di Sibilla Aleramo, pubblicato a Torino nel 1906.

Il romanzo è ambientato nella società di fine Ottocento; la protagonista è Lina, che proviene da una famiglia borghese imprenditoriale. Quando l’azienda di famiglia si trasferisce da Torino nel sud Italia, Lina è adolescente e vive sulla sua pelle lo scontro di valori tra nord e sud, la diversità dei ritmi di vita, la chiusura soffocante esercitata sulle donne. Si innamora di un ragazzo del posto, il suo futuro marito: l’amore la induce ad adattarsi a uno stile di vita estraneo per lei e inaccettabile, che comporta la reclusione in casa e l’obbedienza cieca al marito e alla suocera. Solo la maternità   allevia   queste   sofferenze   e   permette   a   Lina   di trovare una certa serenità nel  rapporto affettuoso col bambino. La tragedia scoppia poco dopo. Lina riceve delle lettere da un suo innamorato e gli risponde per scoraggiarlo, ma commette un errore imperdonabile per la società in cui vive:   non   ne   parla   al   marito.   È   quindi   colpevole   di   aver macchiato l’onore del suo uomo e per punirla le viene tolta la possibilità di educare il figlio. Questo la porta a veri e propri accessi di follia, che culminano con un tentativo di suicidio. Per reagire alla situazione Lina comincia a studiare e a scrivere: la sua progressiva maturazione e il formarsi di una coscienza politica e personale del suo stato di sottomissione   al   potere   maschile   (dal   dominio   del   padre   è passata direttamente a quello del marito e del figlio) la portano ad aderire al movimento di emancipazione della donna e a partecipare attivamente ai dibattiti su rivista. Stringe così nuovi rapporti femminili e sperimenta l’esperienza della “sorellanza”, che le dà la forza di rompere il suo isolamento e trasferirsi a Roma per lavorare in una rivista. La lotta di Lina per la propria liberazione si conclude con il definitivo spostamento a Milano, dopo essere tornata al paese per dare l’addio al figlio e spiegargli la sua decisione di combattere da sola per diventare, oltre che madre, persona.

Una donna è un romanzo in parte autobiografico. Per lungo tempo è stato considerato un testo fondamentale dell’ideologia   femminista,   poiché   racconta   la   storia   di   una donna che abbandona i legami imposti dalla società (il marito) e dall’affetto (il figlio) per dedicarsi a una missione sociale e intellettuale. Proprio la decisione della protagonista di abbandonare il figlio affidandolo al marito (una decisione radicale e, per quei tempi, da considerare “snaturata”) è stata oggetto di critiche da parte del pubblico e dei recensori.

Una donna è   importante   perché   è   stato   il   primo romanzo scritto da una donna che ha provocato un serio dibattito critico sulla condizione femminile.